20 gennaio 2012

“Poi, un giorno, credo di essere arrivato in fondo a quel pozzo...”

Nell’estatico vuoto della mente si sciolgono i pinnacoli di ghiaccio della separazione, si dissolvono le differenze, si gode della più entusiasmante integrazione nell’unità, senza confini e senza definizione. Non si tratta di uno spazio lontano, di un punto del tempo a noi remoto, è qui e ora, nel punto in cui siamo in questo preciso istante. Occorre solo l’enorme coraggio di vedere, la ribellione di riconoscere a se stessi la propria libertà, l’autodeterminazione di affermare la propria divinità, la propria sovranità, su chi e quanto ci rende esseri finiti e mortali, peccatori imperfetti e colpevoli, servi dei ricatti di un dio che non esiste.

[...]

Il mio corpo è scritto come la Terra. Sulle piante dei piedi porto inciso il Mantra più antico che contiene il Suono di tutti i suoni. Sulla fronte il sigillo della Antica Sapienza. E sul petto il Fuoco che divampa nella Terra, e l’Acqua alla radice del mondo.
È questo il diritto di ciascuno di noi.

Alcuni uomini, si sa, vogliono negare tali diritti. E violano, loro sì, e non da ora, la libertà dell’essere, aggiungendo nuovi incubi e generando nuovi mostri nella mente degli uomini. Ma questo è un altro discorso e forse non occorre ingaggiare con essi una battaglia nei termini del nostro negato diritto di autorealizzazione e di liberazione. Forse, minacciati come siamo nella nostra libertà, la cosa più urgente da fare è quella di impugnare il diritto che è nostro e trovare una via di uscita, che sia anche una via verso una dimensione più “umana”, dove poter vivere in pace la nostra realtà, crescere e costruire insieme un mondo dove ognuno sia sovrano e dio del proprio universo, una stella nel firmamento in armonia con le altre stelle.

Carlo Barbera, Gennaio 2012
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